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Avventure di Telemaco, Le.

Romanzo pedagogico di Fénelon, pubblicato nel 1699 presso l'editore Barbin, a Parigi. L'autore di questa opera era allora arcivescovo di Cambrai e precettore del duca di Borgogna, erede al trono di Luigi XIV dopo la morte del Delfino. L'opera aveva lo scopo di offrire all'illustre allievo una serie di osservazioni e di allegorie morali che influissero favorevolmente sulla formazione del suo carattere. Pubblicata quasi clandestinamente, senza recare il nome dell'autore e senza essere autorizzata da quest'ultimo, essa fu, in un primo tempo, giudicata sfavorevolmente dal sovrano che ne ordinò la soppressione, avendo ravvisato, in ciò che rappresentava soltanto una velata censura della sua politica, una vivace satira al complesso del suo governo e del suo regno. L'ordine del sovrano non poté, però, avere la meglio sugli intimi pregi artistici e stilistici dell'opera, sull'originalità della concezione e sulla rara eleganza della sua prosa. Per questi motivi, dopo un primo grande successo raccolto in Olanda, il testo ottenne ben presto una notevole celebrità. La sua prima edizione in francese risale al 1717 e fu curata dal nipote dell'autore, il marchese Fénelon. Vi si narra la storia dei viaggi avventurosi di Telemaco, figlio di Ulisse, alla ricerca del padre, da lungo tempo errante sui mari. Accompagna il giovane eroe la dea Minerva, sotto le sembianze del savio Mentore. Saggiamente consigliato (e qui i riferimenti dell'autore all'importanza della propria opera di precettore sono evidenti), Telemaco sfugge alle innumerevoli insidie tese alla sua virtù dalle varie Ninfe che incontra sul suo cammino, finché reduce nella natìa Itaca vi ritrova il padre. Il valore intrinseco di quest'opera non è grande; essa può apparire ai lettori moderni noiosa e farraginosa. Tuttavia, numerose pagine ispirate e armoniose contraddicono il troppo sommario giudizio di Flaubert, che definì il Telemaco "stupido e falso da tutti i punti di vista".